venerdì 24 luglio 2009

Il Papa sulla strada d’Anselmo, il santo razionalista (Rodari)


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Sulla strada d’Anselmo, il santo razionalista

Paolo Rodari

lug 24, 2009

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In città il Papa vi scende oggi.
Per la preghiera dei Vespri. E la cosa non è di poco conto.
La visita di Benedetto XVI, infatti, è un vero e proprio omaggio - con tanto di omelia - a un modello di santità, quella di Anselmo, che lo affascina: santità unita a intelligenza. Vita cristiana caratterizzata dalla capacità di leggere dentro le cose, dentro i fatti, dentro la realtà.
Anche a costo di risultare fuori dal coro. Un modus vivendi che rispecchia molto la indole di Papa Ratzinger.
L’omaggio a sant’Anselmo, filosofo valdostano, già arcivescovo di Canterbury e dottore della Chiesa (dottore magnifico), è evidente: è quest’anno che ricorre il novantesimo centenario della morte (1033-1109). La cattedrale è dedicata a Maria Assunta, ma il legame col santo è palese. Benedetto XVI vedrà anche il cenotafio “Tribute to Saint Anselm” realizzato dallo scultore inglese Stephen Cox e collocato all’ingresso sud della chiesa. È inoltre nella cattedrale che si svolgono molte delle iniziative con le quali la regione della Valle d’Aosta ha deciso di celebrare l’“anno anselmiano”.
Il Papa aveva parlato recentemente di Anselmo. Era l’aprile di quest’anno.
In una lettera indirizzata all’abate primate dei monaci benedettini confederati, dom Notker Wolf, lo aveva definito «un vero santo europeo». La memoria lasciata da Anselmo, aveva spiegato Ratzinger, è tutta da «meditare devotamente» e «il tesoro della sua sapienza da esaltare ed esplorare».
Un modello di santità, quello anselmiano, che ricorda molto quello di altre figure che, in questo pontificato, faranno parlare di sé. Tra queste, senz’altro, quella del cardinale britannico John Henry Newman. Convertitosi al cattolicesimo dalla chiesa anglicana, diventerà beato sotto Ratzinger. Una vita, quella di Newman, caratterizzata come quella di sant’Anselmo dall’unione di fede e intelligenza, fede e ragione.
Chi era Anselmo? Quale il suo lascito? Quali idee di Anselmo Ratzinger sente più vicine alla propria spiritualità? Anselmo era anzitutto un monaco. Benché arcivescovo, infatti, voleva rimanere prima di tutto monaco benedettino, fortemente consapevole dell’importanza della vita monastica. Si sa che probabilmente anche Ratzinger, se non fosse divenuto Papa, avrebbe prediletto una vecchiaia “monastica”, ritirata a studiare e ad approfondire il mistero della fede. Senz’altro è di Anselmo la nostalgia del chiostro.
«La nostalgia del monastero - disse sempre Ratzinger nella lettera a Wolf - lo accompagnerà per il resto della sua vita». «Lo confessò egli stesso quando fu costretto, con vivissimo dolore suo e dei suoi monaci, a lasciare il monastero per assumere il ministero episcopale al quale non si sentiva adatto».
C’è un cardine nella vita di Anselmo in cui vi si può ritrovare molto del temperamento di Ratzinger: è la lectio divina, quella da non leggere nel tumulto ma nella quiete, non nella fretta ma nella calma, «con attenta ed amorevole meditazione», scrisse Benedetto XVI a Wolf. E ancora: «Nei suoi scritti, in cui studia i misteri della fede, non c’è separazione tra erudizione e devozione, tra mistica e teologia».
Quella di Anselmo è una luce oggi attuale. Nel sottofondo di moltissimi testi ratzingeriani si trova quell’attenzione propria anselmiana dell’amore per le verità della fede e del gusto per il loro approfondimento mediante la ragione. E, infatti, fede e ragione - fides et ratio - si trovano in Anselmo mirabilmente unite».
È una battaglia propria di Benedetto XVI quella che vuole unire fede e ragione, due forme di cognizione giudicate spesso come incompatibili e alternative: come se chi ragioni - spiegò quale mese fa sempre in quel di Aosta il cardinale arcivescovo emerito di Bologna Giacomo Biffi - non abbia bisogno di credere e come se chi creda debba per forze di cose uscire dall’ambito della razionalità. «Anselmo - disse Biffi - rabbrividirebbe davanti a questo atteggiamento mentale. Per lui, e per ogni cristiano adeguatamente informato, la fede non solo non è separabile dalla ragione e non la mortifica, ma è addirittura l’esercizio estremo e più alto della nostra facoltà intellettiva».

© Copyright Il Riformista, 24 luglio 2009 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari.

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