lunedì 6 luglio 2009

Il valore del monito del Papa ai Grandi su etica e lavoro (Casavola)


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Su segnalazione di Eufemia leggiamo:

Il valore del monito del Papa ai Grandi su etica e lavoro

di FRANCESCO PAOLO CASAVOLA

BENEDETTO XVI ha inviato una lettera al presidente del Consiglio dei ministri italiano, nella sua qualità di convocante e di presidente della conferenza dei Capi di Stato e di Governo degli otto Paesi più industrializzati del mondo, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Russia, Stati Uniti d’America, che avrà inizio l’8 luglio prossimo a L’Aquila in Abruzzo.
Si dirà, perché il Papa?
Il Papa stesso giustifica il suo intervento, riconoscendo al governo italiano di avere mostrato interesse per le voci della Chiesa e di altre religioni sui temi nell’agenda del G8. Ma tutto il Magistero sociale non ha mai cessato di riflettere sui principi che dovrebbero governare l’economia, se questa intende provvedere ad una vita più degna e più giusta delle grandi collettività umane. A cominciare dal primo obiettivo dello sviluppo, che è quello di creare lavoro per tutti. Quando nell’Occidente avanzato si ragionava in termini di welfare state, si usava la formula “piena occupazione”.
Oggi, la prima misura che viene in mente per tenere in sesto i bilanci di impresa è riduzione del personale, che è come dire togliere lavoro. Le contraddizioni in cui stiamo avvolgendo, allungare la vita lavorativa e incentivare l’esodo dal posto di lavoro, dare lavoro ai giovani in quelle forme precarie o eufemisticamente flessibili, che impediscono al lavoro di fare da base ad un progetto di vita individuale e familiare, sono la prova che tanti saperi, di economisti, aziendalisti, giuslavoristi, sociologi, fanno da alibi a quel calcolo puramente utilitaristico ed estraneo ad ogni considerazione etica, che guida l’universo delle imprese dei Paesi ricchi, nei quali la recente crisi ha svelato quanto rapidamente dilaga la povertà.
E allora? Allora ben venga la parola del Papa ad ammonire che si tenga conto delle esigenze umane e familiari di quanti non hanno altra risorsa che il posto di lavoro. I provvedimenti che gli Stati prenderanno per uscire dalla crisi economica mondiale non potranno non avere una valenza etica, che valga a salvare i destini di vita dei lavoratori, la formazione delle famiglie, l’educazione dei figli, la stessa partecipazione responsabile alla organizzazione della comunità. È in gioco la pace sociale. Questa posta così grave non la sentiamo nominare, se non per rimproverarne l’evocazione a che la brandisce come arma di lotta sindacale.
Quando essa è, invece, un reale rischio, per ora congiunturale, che siamo ancora in grado di evitare, ma che potrebbe trasformarsi in un dato permanente di un nuovo conflitto sociale. Ma è in gioco anche la pace internazionale, se il G8 non provvedesse a ridurre la distanza tra le economie dei popoli ricchi e quelle dei popoli affamati. Guai, se si cessasse dal perseguire in ogni forma possibile il raggiungimento della pace sociale e della pace internazionale. Sono facilmente immaginabili scenari di una apocalisse planetaria. La saggezza dei governi rappresentati nel G8 dà ingresso a grandi speranze.
Ma l’indicazione che loro indirizza il Papa offre anche la misura delle forze antagoniste. Si legga e rilegga questo passaggio della lettera: «È doveroso riformare l’architettura finanziaria internazionale per assicurare il coordinamento efficace delle politiche nazionali, evitando speculazione creditizia e garantendo un’ampia disponibilità internazionale di credito pubblico e privato al servizio della produzione e del lavoro, specialmente nei Paesi e nelle regioni più disagiate». Che i potenti della terra sappiano ascoltare il difensore degli ultimi.

© Copyright Il Messaggero, 5 luglio 2009 consultabile online anche qui.

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