mercoledì 22 luglio 2009

La Caritas in Veritate di Benedetto XVI impone impegni concreti: una sfida per la politica (Casini e D'Onofrio)


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La Caritas in Veritate di Benedetto XVI impone impegni concreti

L’Enciclica una sfida per la politica

di PIER FERDINANDO CASINI e FRANCESCO D’ONOFRIO

VITA e famiglia hanno rappresentato per noi nell’Udc i valori costitutivi di fondo necessari anche per costruire le risposte essenziali che la vita politica pone oggi in Italia, nel contesto di una gravissima crisi economico-finanziaria, caratterizzata ormai da una globalizzazione tendenzialmente universale.
Questa sintonia di fondo sui valori di ispirazione cristiana ha costituito una ragione particolare di ascolto fiducioso ed impegnativo allorché, il 7 settembre dello scorso anno, Papa Benedetto XVI affermò: la “necessità di una nuova stagione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibili”.
Ed è di conseguenza per questa ragione che abbiamo atteso in particolare in riferimento al lavoro, all’economia e alla politica in genere la Caritas in Veritate resa integralmente nota lo scorso 7 luglio.
Siamo ovviamente ben consapevoli che l’Enciclica si rivolge anche ai fedeli laici – come essa espressamente afferma – ma certamente non soltanto ad essi, e men che meno che essa contenga prescrizioni specifiche per l’Italia, per la sua politica, per coloro che affermano di voler agire in quanto cristianamente ispirati.
L’Enciclica è infatti per sua natura mondiale, anche se non ignora il rapporto tra uno specifico territorio e l’universo mondo.
La saldatura essenziale tra dimensione teologica e dimensione sociale non può pertanto mai essere ignorata, perché si tratta di una saldatura che costituisce l’essenza stessa della Caritas in Veritate, come in generale di altre precedenti Encicliche concernenti prevalentemente la questione sociale, ad iniziare dalla preziosissima Rerum novarum del 1891.
Ispirarsi alla dottrina sociale della Chiesa non costituisce pertanto per noi un fatto nuovo in assoluto, come sembra invece avvenire per coloro che oggi parlano di centralità della persona umana, di economia sociale di mercato, di un rapporto necessario tra etica e mercato da un lato e tra etica e politica dall’altro.
Ne consegue che siamo lieti per questa trasformazione del pensiero ispirato originariamente ad una lettura “classista” della società, e che siamo altrettanto lieti per la trasformazione attuale del pensiero originariamente ispirato ad un liberismo letto esclusivamente in chiave economica.
Ma è di tutta evidenza che vanno cercati anche in questa ultima Enciclica i possibili punti di orientamento per quella “nuova e approfondita riflessione sul senso dell’economia e dei suoi fini” che la Caritas in Veritate al punto 32 richiama nel ricordo delle affermazioni che Papa Giovanni Paolo II aveva svolto all’inizio del 2000 nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace.
La Caritas in Veritate che molto probabilmente sarà ricordata come l’Enciclica della globalizzazione ci aiuta a comprendere le più rilevanti conseguenze sulla struttura attuale del lavoro causate dalle trasformazioni prodotte da una stagione economica nella quale la dimensione finanziaria prevale sulla dimensione produttiva.
Afferma essa in particolare: “la mobilità lavorativa associata alla deregolamentazione generalizzata, è stata fenomeno importante, non privo di aspetti positivi perché capace di stimolare la produzione di nuova ricchezza e lo scambio tra culture diverse. Tuttavia, quando l’incertezza circa le condizioni di lavoro, in conseguenza dei processi di mobilità e di deregolamentazione, diviene endemica, si creano forme di instabilità psicologica, di difficoltà a costruire propri percorsi coerenti nell’esistenza, compreso anche quello verso il matrimonio. Conseguenza di ciò è il formarsi di situazioni umane di degrado, oltre che di spreco sociale”.
Ed è in base a questa rigorosa riflessione sul rapporto tra flessibilità del lavoro e globalizzazione che l’Enciclica afferma che è l’autorità politica a dover avere oggi un significato non solo statuale, proprio perché essa è chiamata ad assumere iniziative complessive se vuole tendere “alla realizzazione di un nuovo ordine economico produttivo, socialmente responsabile ed a misura d’uomo”.
Ed è di conseguenza in questo contesto di globalizzazione che le migrazioni assumono un significato profondamente diverso.
Quello delle odierne migrazioni infatti: “è un fenomeno che impressiona per la quantità di persone coinvolte, per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità nazionali e a quelle internazionali”.
I migranti pertanto “non possono essere considerati come una merce o una mera forza di lavoro. Non devono, quindi, essere trattati come qualsiasi altro fattore di produzione. Ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali, inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione”.
La globalizzazione dunque produce una sorta di tensione continua tra l’antica dimensione nazionale della politica statuale e la nuova dimensione mondiale delle trasformazioni concernenti il lavoro e i rapporti tra i popoli. Occorre, pertanto, dar vita conclude l’Enciclica “ad una vera e propria Autorità mondiale costruita quale grado superiore di ordinamento nazionale di tipo sussidiario per il governo della globalizzazione”.
Occorre di conseguenza affrontare seriamente come anche noi abbiamo proposto e proponiamo una intensa stagione di coraggiose riforme, ben consapevoli peraltro che “quando prevale l’assolutizzazione della tecnica si realizza una confusione tra fini e mezzi: l’imprenditore considera come unico criterio di azione il massimo profitto della produzione; il politico, il consolidamento del potere; lo scienziato, il risultato delle sue scoperte”.
Da fedeli laici che intendono concorrere in questa straordinaria stagione di impegno politico possiamo pertanto ritenere che oggi, anche da noi in Italia, la Caritas in Veritate costituisce un nuovo straordinario punto di riferimento, una sfida che la politica non può affrontare con la retorica di rito ma realizzando impegni seri e concreti.Questa sintonia di fondo sui valori di ispirazione cristiana ha costituito una ragione particolare di ascolto fiducioso ed impegnativo allorché, il 7 settembre dello scorso anno, Papa Benedetto XVI affermò: la “necessità di una nuova stagione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibili”.
Ed è di conseguenza per questa ragione che abbiamo atteso in particolare in riferimento al lavoro, all’economia e alla politica in genere la Caritas in Veritate resa integralmente nota lo scorso 7 luglio.
Siamo ovviamente ben consapevoli che l’Enciclica si rivolge anche ai fedeli laici – come essa espressamente afferma – ma certamente non soltanto ad essi, e men che meno che essa contenga prescrizioni specifiche per l’Italia, per la sua politica, per coloro che affermano di voler agire in quanto cristianamente ispirati.
L’Enciclica è infatti per sua natura mondiale, anche se non ignora il rapporto tra uno specifico territorio e l’universo mondo.
La saldatura essenziale tra dimensione teologica e dimensione sociale non può pertanto mai essere ignorata, perché si tratta di una saldatura che costituisce l’essenza stessa della Caritas in Veritate, come in generale di altre precedenti Encicliche concernenti prevalentemente la questione sociale, ad iniziare dalla preziosissima Rerum novarum del 1891.
Ispirarsi alla dottrina sociale della Chiesa non costituisce pertanto per noi un fatto nuovo in assoluto, come sembra invece avvenire per coloro che oggi parlano di centralità della persona umana, di economia sociale di mercato, di un rapporto necessario tra etica e mercato da un lato e tra etica e politica dall’altro.
Ne consegue che siamo lieti per questa trasformazione del pensiero ispirato originariamente ad una lettura “classista” della società, e che siamo altrettanto lieti per la trasformazione attuale del pensiero originariamente ispirato ad un liberismo letto esclusivamente in chiave economica.
Ma è di tutta evidenza che vanno cercati anche in questa ultima Enciclica i possibili punti di orientamento per quella “nuova e approfondita riflessione sul senso dell’economia e dei suoi fini” che la Caritas in Veritate al punto 32 richiama nel ricordo delle affermazioni che Papa Giovanni Paolo II aveva svolto all’inizio del 2000 nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace.
La Caritas in Veritate che molto probabilmente sarà ricordata come l’Enciclica della globalizzazione ci aiuta a comprendere le più rilevanti conseguenze sulla struttura attuale del lavoro causate dalle trasformazioni prodotte da una stagione economica nella quale la dimensione finanziaria prevale sulla dimensione produttiva.
Afferma essa in particolare: “la mobilità lavorativa associata alla deregolamentazione generalizzata, è stata fenomeno importante, non privo di aspetti positivi perché capace di stimolare la produzione di nuova ricchezza e lo scambio tra culture diverse. Tuttavia, quando l’incertezza circa le condizioni di lavoro, in conseguenza dei processi di mobilità e di deregolamentazione, diviene endemica, si creano forme di instabilità psicologica, di difficoltà a costruire propri percorsi coerenti nell’esistenza, compreso anche quello verso il matrimonio. Conseguenza di ciò è il formarsi di situazioni umane di degrado, oltre che di spreco sociale”.
Ed è in base a questa rigorosa riflessione sul rapporto tra flessibilità del lavoro e globalizzazione che l’Enciclica afferma che è l’autorità politica a dover avere oggi un significato non solo statuale, proprio perché essa è chiamata ad assumere iniziative complessive se vuole tendere “alla realizzazione di un nuovo ordine economico produttivo, socialmente responsabile ed a misura d’uomo”.
Ed è di conseguenza in questo contesto di globalizzazione che le migrazioni assumono un significato profondamente diverso.
Quello delle odierne migrazioni infatti: “è un fenomeno che impressiona per la quantità di persone coinvolte, per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità nazionali e a quelle internazionali”.
I migranti pertanto “non possono essere considerati come una merce o una mera forza di lavoro. Non devono, quindi, essere trattati come qualsiasi altro fattore di produzione. Ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali, inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione”.
La globalizzazione dunque produce una sorta di tensione continua tra l’antica dimensione nazionale della politica statuale e la nuova dimensione mondiale delle trasformazioni concernenti il lavoro e i rapporti tra i popoli. Occorre, pertanto, dar vita conclude l’Enciclica “ad una vera e propria Autorità mondiale costruita quale grado superiore di ordinamento nazionale di tipo sussidiario per il governo della globalizzazione”.
Occorre di conseguenza affrontare seriamente come anche noi abbiamo proposto e proponiamo una intensa stagione di coraggiose riforme, ben consapevoli peraltro che “quando prevale l’assolutizzazione della tecnica si realizza una confusione tra fini e mezzi: l’imprenditore considera come unico criterio di azione il massimo profitto della produzione; il politico, il consolidamento del potere; lo scienziato, il risultato delle sue scoperte”.
Da fedeli laici che intendono concorrere in questa straordinaria stagione di impegno politico possiamo pertanto ritenere che oggi, anche da noi in Italia, la Caritas in Veritate costituisce un nuovo straordinario punto di riferimento, una sfida che la politica non può affrontare con la retorica di rito ma realizzando impegni seri e concreti.

© Copyright Il Messaggero, 19 luglio 2009

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