sabato 4 luglio 2009

Obama, mano tesa a Benedetto XVI: «È un leader straordinario» (Vecchi)


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Aperture

Obama, mano tesa a Benedetto XVI
«È un leader straordinario»


Intervista all'«Avvenire» in vista del prossimo incontro in Vaticano: «Collaboriamo»

Gian Guido Vecchi

CITTÀ DEL VATICANO

«Spero che con il Santo Pa­dre saremo in grado di trova­re temi sui quali avere una duratura collaborazione: dal­la pace in Medio Oriente alla lotta alla povertà, dai cambia­menti climatici all'immigra­zione.
Tutti ambiti nei quali il Papa ha assunto una leader­ship straordinaria». Le paro­le di Barack Obama sono im­portanti quanto la scelta de­gli interlocutori: Avvenire e la Radio Vaticana.
Il presidente degli Stati Uniti sarà ricevuto per la pri­ma volta da Benedetto XVI al­la fine del G8, alle 16,30 del 10 luglio. E non è certo un ca­so che prima dell’incontro abbia deciso di concedere un’intervista — firmata da Elena Molinari, corrispon­dente delle due testate — al quotidiano cattolico e al­l’emittente vaticana.
Il presi­dente americano prepara il terreno, parla di ciò che acco­muna Usa e Santa Sede senza per questo nascondere i pun­ti di dissenso sul fronte bioe­tico. Ed è su questi, in parti­colare quando assicura il di­ritto all’obiezione di coscien­za, che Obama dice forse la cosa più significativa: «Capi­sco che c’è qualcuno che si aspetta sempre il peggio da me su certi temi, ma è più un preconcetto che una posi­zione motivata da una 'linea dura' che staremmo cercan­do di imporre».
Una strategia del dialogo che Oltretevere è molto ap­prezzata.
«Come nella scelta dell’ambasciatore», il teolo­go cattolico Miguel H. Diaz, «il presidente degli Stati Uni­ti dimostra grande intelligen­za nel rapporto con la Santa Sede: e la capacità di gettare ponti», dicono ai piani alti del Vaticano.
Nell’intervista, Obama garantisce che gli Usa hanno in programma di «raddoppiare gli aiuti alle na­zioni povere» e spiega che «la priorità dell’America al G8 è proprio di indurre gli al­tri Paesi a fare altrettanto».
Un tema caro a Benedetto XVI, come la soluzione «due popoli, due Stati» per la pace tra israeliani e palestinesi: «Questo è un tema sul quale sono ansioso di discutere con il Santo Padre, che credo condivida il mio approccio».
Il presidente ricorda «la meravigliosa conversazione telefonica con il Papa subito dopo le elezioni», e aggiun­ge: «Sebbene politicamente veda l’incontro come un col­loquio con un capo di gover­no straniero, mi rendo conto che, naturalmente, è molto di più.
Capisco bene quale in­fluenza il Papa abbia, ben ol­tre i confini della Chiesa cat­tolica».
Quanto alle critiche dell’episcopato Usa sulle po­sizioni bioetiche, «difenderò sempre con forza il diritto dei vescovi di criticarmi, an­che con toni appassionati — dice —. E sarei felice di ospi­tarli qui alla Casa Bianca a parlare dei temi che ci uni­scono e di quelli che ci divi­dono».
Certo, dice Obama, «so che ci sono punti in cui il conflitto non è conciliabile», dall’aborto alla contraccezio­ne alla ricerca sulle stamina­li.
Ma anche qui è possibile cercare un terreno comune: «La cosa migliore che possia­mo fare è ribadire che esisto­no persone di buona volontà su entrambi i fronti e che si possono trovare elementi sui quali lavorare insieme».
Morale: «Ogni posizione che liquidi in modo automatico le convinzioni religiose e il credo altrui come intolleran­ti non capisce il potere della fede e il bene che compie nel mondo».

© Copyright Corriere della sera, 4 luglio 2009 consultabile online anche qui.

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