mercoledì 22 luglio 2009

Secondo il filologo Canfora "quelle scritte sulla Sindone non provano un bel niente" (La Stampa)


Vedi anche:

Caritas in veritate, Antonio Martino: L'enciclica dimostra che la Chiesa ha scelto il Cattolicesimo liberale (Il Foglio)

La Caritas in Veritate di Benedetto XVI impone impegni concreti: una sfida per la politica (Casini e D'Onofrio)

Se Papa Ratzinger non usa il computer. La notizia non diventi ulteriore pretesto...(Bruni)

La novità della "Caritas in Veritate" (Pierpaolo Donati)

La formidabile coincidenza tra le idee di Romano Amerio e il titolo dell’enciclica sociale di Benedetto XVI (Redaelli)

Un anno fa la Gmg australiana (Osservatore Romano)

Parla un "clandestino liturgico" in terra marchigiana (Messainlatino)

Caritas in veritate, Maurizio Sacconi: Crescita economica e giustizia distributiva (Osservatore Romano)

Caritas in veritate, Una globalizzazione in equilibrio tra libertà e responsabilità (Gaetano Quagliariello)

La lezione di Anselmo di Aosta (Alberto Chiara)

E dire che parlavano di un Papa intellettuale ininfluente: monumentale commento di Bruno Mastroianni

I ragazzi di Romano Canavese al Papa: «Le nostre mani per te» (Scavo)

Il grazie di Benedetto XVI per la preghiera e l’affetto: «Sono un po’ limitato ma la gioia del cuore è piena» (Mazza)

Quello strano caso delle suore da F1: la polizia smentisce. Avvocati diffondono notizie curiose ma inverificabili, pubblicate senza riscontri

La storica Barbara Frale: "La Sindone è autentica, vi spiego perché" (Baudino)

Se un Papa dimostra la sua grandezza impersonando l'umiltà nei piccoli gesti: Benedetto XVI ha rivelato la statura eccezionale (Piccinelli)

Il Papa e la benedizione con la mano destra ingessata (Accattoli)

LE VACANZE DEL PAPA IN VALLE D'AOSTA (13-29 LUGLIO 2009)

IL PAPA OPERATO PER UNA FRATTURA AL POLSO DESTRO: RACCOLTA DI NOTIZIE E ARTICOLI

"Quelle scritte sulla Sindone non provano un bel niente"

Canfora: "Viene in mente la novella di Boccaccio su frate Cipolla e la piuma dell'Arcangelo Gabriele"

MARIA GIULIA MINETTI

Ha confutato l’autenticità del papiro di Artemidoro, avallata da uno studioso della statura di Salvatore Settis, col piglio diresti giocoso che è una sua maniera amabile o insopportabile - dipende dalla posizione dell’interlocutore - di evitare la pomposità accademica senza evitarne affatto l’autorevolezza, la dottrina. Luciano Canfora, filologo classico dotato di una vivacità polemica pari alla brillante capacità di narratore, accetta subito di commentare la nuova scoperta relativa alla Sindone e alla sua datazione fatta dallo studioso francese Thierry Castex e divulgata dalla storica italiana Barbara Frale nel libro I templari e la Sindone di Cristo appena pubblicato dal Mulino (vedi sulla Stampa di ieri l’articolo di Mario Baudino «La Sindone è vera. Vi spiego perché»).

La nuova scoperta, dunque…

«Se lei la chiama scoperta, l’ammiro».

Sono i due studiosi a chiamarla così. Sostengono che una scritta in caratteri ebraici e in lingua aramaica rinvenuta solo ora sulla Sindone la daterebbe a un periodo anteriore al 70 d. C. Come mai? Perché dopo quella data, ci informano, l’aramaico smise di essere parlato.

«Va bene, esaminiamo questo ragionamento, se vogliamo chiamarlo così. Guardiamo da vicino su che basi si sostiene. Procederò pian piano, come suggerisce Orazio, per ignes suppositos cineri doloso, attento ai fuochi che potrebbero covare sotto la cenere ingannatrice».

Che cenere?

«Be’, quella deposta sulla guerra civile. In quest’ode Orazio sconsiglia a Asinio Pollione di scriverne la storia, roba scottante…».

Come le diatribe sulla Sindone?

«Per carità. La guerra civile è una cosa seria, le baruffe sulla datazione della Sindone no».

Lei ha un tono caustico.

«Davvero? Be’, vediamo un po’ la questione che abbiamo davanti. L’argomento portato dai nostri due studiosi è che nel 70 non si parlava più aramaico. E allora?».

E allora cosa?

«Ma scusi, la scritta può essere stata aggiunta in qualunque altro periodo. Il latino non si parla più da molto tempo, però lei magari scriverà nel suo articolo le parole dell’ode di Orazio. E allora?».

Barbara Frale sostiene che ci sono buone ragioni per credere che la scritta si sia impressa sul lino della Sindone «per contatto», forse casuale, con cartigli e reliquiari.

«Le scritte, tra l’altro, sono più d’una, non solo quella in aramaico, ci viene detto. Ce n’è anche in greco e in latino, un’enciclopedia! Un coacervo inconcepibile. Ma lasciamo stare, c’è ben altro».

Cioè?

«Sia sul vostro giornale sia sulla Repubblica la signora Frale ha ribadito la sua convinzione che la scritta si sia impressa sul lenzuolo per contatto. Dice d’essere persuasa che il testo con cui la Sindone entrò in contatto non fosse un libro ma un documento. Dunque ne è proprio convinta».

Si direbbe proprio di sì.

«Già, ma quando trasferisco per contatto la scrittura si capovolge. Anche nello pseudo-Artemidoro c’è una scrittura che si dice impressa, e naturalmente è capovolta. Qui non è successo, il che è assurdo, francamente. Viene in mente il grandissimo Boccaccio e la piuma dell’Arcangelo Gabriele di frate Cipolla. Certo era una piuma, quanto all’Arcangelo Gabriele… La Sindone è sicuramente un grande telo. Quanto a datarla…».

Barbara Frale giudica inattendibile l’esame del carbonio 14 che colloca l’origine del manufatto nel Medioevo.

«Ha ragione, il carbonio 14 per oscillazioni di tempo brevi è, più che inattendibile, inutile. Serve a stabilire se una certa selce è del Pleistocene o dell’Età del Ferro. Ma per oggetti come la Sindone o il Papiro di Artemidoro affidarsi all’esame del carbonio 14 è ridicolo».

In conclusione, lei dice che queste cosiddette nuove prove non provano un bel niente.

«Nulla di nulla. Ma che escano ora, che se ne discuta ora, secondo me dipende dall’imminente visita del Papa a Torino. Ci verrà l’anno venturo e ci sarà l’ostensione della Sindone, ed ecco che tutti quelli che sono interessati alla cosa puntano di nuovo gli occhi sulla reliquia».

Lei è sicuro che si tratti d’un oggetto realizzato molti secoli dopo la morte di Cristo, vero?

«Nel 1978 uscì un libro di Vittorio Pesce intitolato E l’uomo creò la Sindone, edizioni Dedalo. L’argomento - e la dimostrazione del titolo - vi è trattato in ogni aspetto, incontrovertibilmente. Basta rifarsi a questo libro, il resto è un inutile sofisticare».

FILOLOGO E STORICO
Luciano Canfora,67 anni, è ordinario di Filologia greca e latina presso l’Università di Bari. Dirige la rivista Quaderni di Storia e diverse collane di antichistica.

© Copyright La Stampa, 22 luglio 2009 consultabile online anche qui.

Ma che cos'e' tutta questa acidita', caro professore?
Come mai e' cosi' turbato? E soprattutto: Le sembra il modo di rivolgersi ad una collega?
La storica Frale ha portato argomenti validi, storicamente accertati e basati sul ragionamento.
Il professor Canfora, invece, dice: no...no...no e si basa su un libro scritto da Pesce ed uscito nel 1978, quindi ormai gravemente datato e superato dalle recenti ricerche negli Archivi e dalle dichiarazioni di alcuni scienziati che hanno messo fortemente in dubbio gli esami effettuati anni fa.
Confrontiamoci anche sulla Sindone ma con pacatezza e rispetto reciproco.
Noto che il Papa viene infilato in ogni discussione come il prezzemolo sui piatti estivi :-)

R.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Raffa!
Ti segnalo questo sito che da conto di una interessantissima inchiesta a puntate sullo stato della Chiesa nel mondo del blog spagnolo “La Cigueña de la Torre”:
http://diariocattolico.blogspot.com/
Si parte dalla Francia ... penso sarà interessante seguire gli sviluppi.
Alessia

don Marco (prof non ordinario) ha detto...

io ho fatto 3 volte la quinta elementare, poi con spintoni son riuscito ad arrivare in 3 liceo classico e con CEPU ho preso 2 lauree.
Ho imparato pochissimo nella vita però ricordo che la sicurezza nell'affermare e nel confutare deve essere fondata su una visione attenta, oculata, intelligente dei documenti e delle fonti.
Mi cita il prof. Pesce...... potrebbe citare anche Augias a questo punto e perchè no, anche Odifreddi, il grande conoscitore della latinità e del cristianesimo.
Caro professore, questo è il metodo che lei usa per insegnare ai suoi alunni e per scoprire falsi storici??
ahi ahi ahi, la prossima volta che lei fa una scoperta, o presunta tale, sarà mia cura verificare di persona le sue trovate. Salvo non faccia anche lei come certti accademici che amano riempire paginate e paginate di bigliografia e di fonti perchè pensano che nessuno le guarderà o verificherà..... Errato, prima di leggere un qualsivoglia libretto o librone è mia abitudine spulciare ogni rigo della bibliografia e verificarne l'esistenza, le assicuro che moltissimi libri citano bibliografie inesistenti o articoli mai scritti.
Vede caro professore lei è troppo sicuro, e il mio vecchio prof Penna che mi ha insegnato egregiamente latino all'università, diceva sempre che quando ci troviamo dinanzi ad uno che senza aver letto, studiato e analizzato un testo è sicuro di saperne la provenienza, sappiate che è un imbecille. Non oso definirla tale, citavo solo De relato.
A proposito: è vero che anche oggi si scrive in latino, se viene nella mia chiesa trova la lapide scritta in latino ma da un esame del marmo, del testo, della collocazione ecc. ecc. ecc. nessuno la attribuirebbe a Cicerone.

massimo ha detto...

vi raccomando il prof.pesce....che pessima bibliografia

massimo ha detto...

bravo don marco,professore non ordianario ma onesto e colto,sarebbe interessante fare un analisi di questo nervosismo intollerante che dimostrano spesso i laiconi quando si parla di cose non esattamente verificabili con dati positivisti,delle tradizioni cattoliche e della fede semplice ma che nasce dal cuore della gente.non mi ricordo,se è stato qui sul blog recensito il libro di marco tosatti uscito da poco sulla sindone,che ne pensate?qualcuno lo ha letto?ciao
massimo

don Marco (professore di aramaico) ha detto...

Caro Massimo, ti ringrazio per il complimento ma nn sono così colto come pensi; forse un pochino erudito ma nulla di più.
Mi ha irritato la faccenda idiota sul latino tanto che mi domando: la laurea honoris causa scritta in latino e data a GPII piena di errori, l'hanno scritta così per evitare che qualcuno la potesse attribuire a tacito? oppure non conoscono il latino questi grandi sapientoni.
Visto che questo signore è un filologo che ha scoperto di tutto e di più, perfino l'acqua calda, considerata la sua giovinezza avanzata ma non trascorsa, dov'era quando dai libri di letteratura latina è stato tolto il capitolo riguardante la famosa Fibula praenestina???? era un falso!! Peccato non se ne sia accorto lui, sai a quanti poveri e ignari studenti ho dovuto farla studiare. Ma forse lui si occupa di testi greci!!! Ah beh, allora frose lasci perdere la lingua aramaica e le sue strutture linguistiche. Trovo offensivo liquidare con tanta supponenza e ignoranza questioni che richiedono una gobba leopardiana sui libri. Di Pico della Mirandola la storia ne ha prodotto solo uno e mi pare fosse molto più umile nel valutare il lavoro degli altri.
Parlo lavoro non mania di apparire e farsi pubblictà...... capirai, proprio a bari dove le cattedre si tramandano di padre in figlio mi vengono a dare lezioni di ermeneutica e critica testuale.
Non so il professore ma se a me dicono che un somaro vola, prima di alzare gli occhi vado avedere sui manuali di zoologia o somarologia se la cosa è possibile.
Scusate ma detetsto i blasonati che sparano pallottole contro chi lavora seriamente e passa il tempo non a lasciare interviste ma a indagare!!!

brustef1 ha detto...

Canfora (ma sarebbe più opportuno chiamarlo Naftalina) è un iconoclasta professionale e ha l'ossessione (che gli dà molta visibilità) di "smascherare" falsi, contraffazioni, finti painsesti ecc. Li vede anche dove non ci sono, e un giorno o l'altro finirà per smascherare se stesso

Michele ha detto...

Scusate, è la prima volta che intervengo su questo blog. Alcune osservazioni, senza prender parte, cosa che invece sembra emergere (ovviamente legittimamente) negli altri interventi. La disputa riguarda alcune scritte, soprattutto una scritta in aramaico, annunziate sulla stampa in pompa magna come prova decisiva. Qui mi permetto di far notare che l'obiezione di canfora è probante e la spiegazione della Frale data fino ad ora è deboluccia. Alle obiezioni metodologiche di Canfora la Frale rimanda alla lettura integrale del libro di prossima pubblicazione. Ci può stare, ma allora perchè annunciare la cosa ai giornali prima dell'uscita del lavoro scientifico?

Ecco perchè ho letto con stupore le affermazioni di chi ha postato il post secondo cui le argomentazioni della Frale sono solide e storicamente comprovate: e come si fa a dirlo se il libro deve ancora uscire? Forse qualcuno dispone della copia privata dell'autrice?

Riguardo i toni: è stata la Frale per prima ad accusare canfora di essere un harry Potter.

Vi sono poi molti moderni e recenti contributi che hanno punti di vista opposti e diversi da quelli della Frale. Ma la vera questione è: non sarà che ogniqualvolta qualcuno osa mettere in discussione l'autenticità del reperto questi viene sistematicamente linciato e aggredito sulla pubblica piazza? In passato se ne sono visti di casi del genere, e anche qui leggo simili giudizi.

Qui un rilievo metodologico, con cui vi saluto. Il problema di certe pubblicazioni a sostegno dell'autenticità della sindone è che partono già dalla convinzione che il reperto sia autentico, per poi leggere tutto in convergenza con quell'ipotesi. Ma dovrebbe essere il contrario. L'indagine non deve avere pregiudizi e deve cercare di essere oggettiva, anche quando il risultato delude le aspettative dello studioso.

In ultimo, la questione dell'autenticità o meno dlela sindone non toglie ovviamente nulla al cristianesimo e alla sua portata come fede. ecco perchè linciare chi si pronuncia in senso contrario non ha senso alcuno.

Anonimo ha detto...

Nel Vangelo secondo Giovanni (l’ultimo in ordine di tempo) si legge che Giuseppe d’Arimatea, aiutato da Nicodemo, tolse il cadavere di Gesù dalla croce, l’avvolse con bende assieme a una mistura di mirra e aloe portata da Nicodemo e lo depose nella tomba (non si accenna al lavaggio del cadavere, secondo l’usanza ebraica, né all’utilizzo della sindone).

Dunque, se il cadavere, cosparso di unguenti e fasciato con bende, sia stato per ipotesi avvolto successivamente con la sindone, non pare possibile che abbia potuto lasciare un’impronta. Infatti, sia Pietro sia Giovanni, che entrarono nel sepolcro, videro le bende e il sudario, ma non la sindone né tantomeno l’eventuale impronta di Gesù impressa su di un inesistente lenzuolo.

Secondo gli evangelisti Marco, Matteo e Luca, invece, il cadavere fu avvolto in un panno di lino (o sindone pulita o lenzuolo) per essere (secondo Marco e Luca) imbalsamato dalle pie donne il giorno successivo il sabato.

Secondo Marco, le pie donne comprarono gli aromi il giorno stesso che si recarono al sepolcro. Secondo Luca, al contrario, li avevano già preparati il giorno della sepoltura di Gesù. Secondo Matteo, invece, le pie donne vennero a fa visita al sepolcro, non ad imbalsamare la salma.

Secondo i Vangeli sinottici, dunque, il corpo di Gesù fu avvolto subito con la sindone, senza essere imbalsamato né bendato. Se ipotizziamo che, inspiegabilmente, il cadavere abbia lasciato un’impronta sul lenzuolo, ne consegue che le pie donne, entrate nel sepolcro per imbalsamare o per visitare il corpo esamine di Gesù, avrebbero dovuto notare quel calco sulla sindone.

Secondo Luca, anche Pietro entrò nel sepolcro per accertarsi della scomparsa del cadavere, ma vide solo le bende (non la sindone). Ma se c’erano le bende, si dovrebbe dedurre o che servivano per fasciare il cadavere, dopo l’imbalsamazione, o che, come racconta Giovanni, erano state già utilizzate. In quest’ultimo caso, una salma bendata e poi avvolta in un lenzuolo non avrebbe potuto lasciare alcuna impronta.

I quattro evangelisti, dunque, non fanno alcun cenno circa il ritrovamento della sindone e dell’impronta su di essa del corpo di Gesù, dopo la presunta resurrezione, nonostante che i Vangeli canonici siano catalogati tra gli scritti più antichi e quindi più verosimili sulla vicenda (storica o leggendaria che sia) di Gesù Nazareno.

Ciò stante, come spiegare il silenzio degli evangelisti e degli altri autori del canone testamentario in relazione al ritrovamento della sindone con la miracolosa impronta del corpo di Gesù? Eppure gli evangelisti rendono testimonianza dei numerosi miracoli, prodigi e portenti attribuiti a Gesù.

La scoperta di frasi in aramaico, trovate sulla reliquia di Torino, e le minuziose ricerche della storica Barbara Frale tra supposti segreti nascosti negli Archivi Vaticani, appaiono piuttosto finalizzate ad incrementare leggende redditizie in occasione della prevista ostensione del sacro lenzuolo nella primavera del 2010, piuttosto che ad apportare ulteriori chiarimenti su una vicenda di cui la scienza e l’analisi storico-critica, più che la fede, per quanto legittima, dovrebbero fornire spiegazioni.